Domani
si voterà finalmente sulla riforma costituzionale proposta dal governo Renzi.
Si è trattato di un tema fortemente dibattuto negli ultimi mesi per lo
più in termini poco chiari per via della sua estrema politicizzazione (in senso
di identificazione partitica, di corrente o di singoli personaggi influenti) e
a causa della frequente manipolazione dei contenuti dovuta all’uso spregiudicato
di considerazioni contingenti e di contesto completamente fuori tema.
Il
secondo aspetto, in particolare, ha reso il dibattito
particolarmente squallido, vilipeso nei suoi contenuti ultimi e banalizzato da
fiumi di paure, minacce, insulti in un’atmosfera da fine dei tempi cui ormai,
dopo le vicende della Brexit Britannica e dell’elezione di Trump, siamo ormai
tristemente abituati.
L’identificazione
che il Presidente del Consiglio Renzi ha voluto sin dall’inizio tra la riforma
e il giudizio sull’operato del suo governo (la cui prova lampante è l’unione in
un unico quesito di questioni molto diverse) ha prodotto quindi una catena di
conseguenze nefaste che hanno gravemente inficiato la serietà del dibattito e
la chiara comunicazione dei suoi contenuti.