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giovedì 26 aprile 2012

Perché radicamenti?

Ad un mese ed oltre dall'apertura di questo spazio, è senz'altro giunto il momento di qualificarlo in maniera più chiara nella speranza di trovare d'ora in avanti il tempo e le energie per portarne avanti i contenuti.
Cominciamo dal nome. Perché radicamenti?
Perché si tratta di rievocare quella che è l'esigenza più essenziale dell'essere umano, da cui tutto il resto prende le mosse: ovvero il radicamento affettivo, quotidiano e culturale entro un contesto umano particolare.
E' nel radicamento entro un contesto che l'uomo riconosce la propria umanità ed è a paritre da tale appartenenza particolare che gli è possibile riconoscersi come essere universale ed identificarsi emotivamente e razionalmente nel genere umano.
Lo sradicamente o il non radicamento producono invece perdita di capacità di universalizzazione di sé e facile approdo in forme di universalizzazione astratta, priva cioé di veri e propri contenuti forti.
Particolare ed universale si trovano così in stretta correlazione, laddove il disconoscimento del particolare conduce ad una falsa universalizzazione depotenziata.

Il liberalismo, filosofia politica e relazionale, che esercita un incontrastato dominio nel mondo occidentale moderno, è la matrice del nesso sradicamento-universalizzazione astratta. Predicando l'atomizzazione individualistica come condizione della libertà e predicando la distruzione di vincoli, limiti, regole, protezioni e tradizioni, universalizza solo ed esclusivamente la libertà intesa come "libertà da qualcosa" nonché il diritto soggettivo di agire indipendentemente dal contesto sociale e comunitario.
Questo è il suo universalismo: un universalismo della libertà pura come concetto alienato dai contesti e dalla stessa natura umana sociale. Un universalismo che per forza di cose non può che essere astratto, in quanto fondato sul disconoscimento della realtà e della particolarità dei contesti. E' l'uomo, solo e desocializzato, che universalizza la propria libertà pura priva di contenuti dando come esito un universalismo procedurale. L'universalismo procedurale, in quanto, per definizione. privo di contenuti forti di verità, non è nient'altro che  lo specchio del relativismo.
Questo micidiale connubio, relativismo e universalismo procedurale, sono alla base della pretesa dell'Occidente capitalistico di indottrinare il mondo. Assolutizzare il relativismo imponendo il proprio universalismo procedurale: ecco ciò che l'Occidente propone al resto del mondo.
Si tratta, forse, di un problema sovrastrutturale che altro non è che una copertura del ben più materiale problema strutturale del dominio imperialistico? Sicuramente sì. Ma struttura e sovrastruttura, intese nel senso marxiano del termine, credo che si intersechino inscindibilmente costituendo un complesso di forze materiali-ideologiche-culturali-simboliche difficilmente inestricabile. Su questo tornerò in seguito in altri scritti, perché si tratta di un problema centrale.

Il radicamento (o se vogliamo i radicamenti d'ogni forma) sono, allora, l'antidoto alla fuga nel nulla prodotta dal connubbio della desocializzazione e dell'universalismo astratto. Sono l'antidoto al liberalismo come fuga dalla verità sociale. Sono l'antidoto alla pretesa di atomizzazione, senza la quale non vi sarebbe più alcuna giustificazione umana ad un sistema, quello capitalistico, che erge la merce a divinità secolare intoccabile.
Ma il radicamento non è sufficiente come pratica in sé. Deve divenire concetto strutturato, filosofia sociale, asserzione circa la vera natura umana potenzialmente incline alla solidarietà come principio esistenziale e non come scelta contingente.
Non può essere, il radicamento, mera pratica di fuga particolare e intimistica dall'anomia del mondo.
Se di fuga intimistica dall'anomia del mondo si trattasse, non vi sarebbe nulla di nuovo. La società mercificata e nichilista tollera, infatti, per sua stessa definizione, l'esistenza del ripiegamento intimistico, individuale e di gruppo come naturale condizione umana di socializzazione affettiva. La mercificazione e il nichilismo sociale sono del tutto compatibili con l'esistenza della socializzazione affettiva e micro-comunitaria.

Tali forme personali di socializzazione sono, naturalmente, parte essenziale della vita e devono essere salvaguardate sempre: non solo sotto forma di libertà concessa, ma anche sotto forma di stimolo. Su questo punto ci dovrebbe essere una seria riflessione in relazione ai caratteri di un sistema socio-economico solidaristico nonché una seria riflessione sulle realizzazioni dei sistemi collettivistici realmente esistiti.

Ma tali forme personali di socializzazione, se estraniate da una contestuale ricerca del bene collettivo e sociale su larga scala, ovvero entro contesti schiettamente politici, rimangono scissioni atomizzanti esse stesse, positive in sé (in quanto forme immediate di realizzazione della natura sociale e affettiva dell'uomo), ma estraniate dalla realtà intesa nella sua totalità.
Solo un radicamento totale che sia, affettivo, comunitario e politico, può porre gli argini alla desocializzazione capitalistica.


Lorenzo Dorato



3 commenti:

  1. Condivido in toto il contenuto e le finalità di questo blog.
    Sono un lettore assiduo della Rivista Comunismo e Comunità e del suo sito e ho letto alcuni tuoi scritti apprezzandone il contenuto e le modalità di esposizione.
    Quello che genera confusione è l’affermarsi di questo universalismo astratto che prevale grazie alla patina dei diritti umani e della valorizzazione di quello che viene definito multiculturalismo senza comprendere che sotto non c’è altro che il dominio imperialistico e la veicolazione della merce. Il problema è come districare quel grumo di forze materiali-ideologiche e culturali-simboliche.

    La socializzazione affettiva e micro- comunitaria se non investita in un progetto universale di ricerca comune rischia di richiudersi in se stessa diventando ostile con il resto del mondo.

    In attesa di altri interventi

    Un saluto

    Roberto Aureli

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  2. Ringrazio per il commento di condivisione.
    Il problema della copertura del dominio capitalistico e imperialistico tramite l'ideologia relativista è un tema di estrema importanza, poiché si tratta, a mio avviso, di un terreno decisivo di conflitto tra concezioni del mondo. Terreno su cui si può e si deve giocare la partita della resistenza alla mercificazione integrale dell'esistenza umana.

    Avremo sicuramente occasione di riparlarne


    Saluti

    Lorenzo Dorato

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  3. Condivido profondamente quanto scrivi a proposito del radicamento come antidoto al liberismo ed alla dissoluzione sociale, ma il veleno è da molto tempo in circolo e ha già prodotto effetti devastanti.
    Mai come in questo periodo infatti, nei paesi industrializzati quello che tu chiami universalismo astratto trova una perfetta rispondenza in modelli culturali tanto accattivanti quanto pericolosi, modelli che sotto una equivoca veste di progressismo e modernità sono in realtà perfettamente strumentali agli interessi del capitale, perché invitano l’uomo a sradicarsi ed acquisire una sorta di “fungibilità” assoluta, a sostituirsi indifferentemente ad altri ed essere a sua volta sostituito. Le parole d’ordine sono, appunto, “libertà”, “opportunità”, “crescita”, e fanno leva sulle ambizioni del singolo senza minimamente curarsi del suo rapporto con la sua comunità e la sua storia.
    Tali modelli culturali propongono immagini affascinanti che vedono l’individuo proiettato su scenari sempre mutevoli, in un continuo rilancio delle proprie ambizioni. In questa visione, il lavoro non ha alcun valore sociale e la continuità dei mestieri, che dovrebbe essere un valore anche in presenza dei grandi cambiamenti delle tecnologie e delle esigenze, diviene un patetico residuo di un mondo ormai scomparso, un ostacolo al progresso.
    La cancellazione della storia personale produce uomini senza identità, impossibilitati o senza interesse a manifestarsi politicamente, in perenne competizione con altri uomini ed indifesi quando sono loro a soccombere.
    In questo quadro così fosco, apprezzo comunque moltissimo l’impegno di chi cerca di stimolare una riflessione che contrasti il veleno in circolo e rimango anche io in attesa di futuri spunti. Ciao.

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